domenica 16 settembre 2012

Favola D'amore di Hermann Hesse


                                       "Gli amanti nel sambuco "  Marc Chagall, 1929.


Appena giunto in paradiso Pictor si trovò dinnanzi ad un albero che era insieme uomo e donna. Pictor salutò l'albero con riverenza e chiese: "Sei tu l'albero della vita?". Ma quando, invece dell'albero, volle rispondergli il serpente, egli si voltò e andò oltre. Era tutt'occhi, ogni cosa gli piaceva moltissimo. Sentiva chiaramente di trovarsi nella patria e alla fonte della vita.

E di nuovo vide un albero, che era insieme sole e luna. Pictor chiese:"Sei tu l'albero della vita?".

Il sole annuì e sorrise. Fiori meravigliosi lo guardavano, con una moltitudine di colori e luminosi sorrisi, con una moltitudine di occhi e di visi. Alcuni annuivano e ridevano, altri annuivano e non sorridevano: ebbri tacevano, in se stessi si perdevano, nel loro profumo si fondevano. Un fiore cantò la canzone del lillà, un fiore cantò la profonda ninna nanna azzurra. Uno dei fiori aveva grandi occhi blu, un altro gli ricordava il primo amore. Uno aveva il profumo del giardino dell'infanzia, il suo dolce profumo risuonava come la voce della mamma. Un altro, ridendo, allungò verso di lui la sua rossa lingua curva. Egli vi leccò, aveva un sapore forte e selvaggio, come la resina e di miele, ma anche come di bacio di donna.

Tra tutti questi fiori stava Pictor, pieno di struggimento e di gioia inquieta. Il suo cuore, quasi fosse una campana, batteva forte, batteva tanto; il suo desiderio ardeva verso l'ignoto, verso il magicamente prefigurato.

Pictor scorse un uccello sull'erba posato e di luminosi colori ammantato, di tutti i colori il bell'uccello sembrava dotato. Al bell'uccello variopinto egli chiese:"Uccello, dove è dunque la felicità?"

"La felicità?" disse il bell'uccello e rise con il suo becco dorato, "la felicità, amico, è ovunque, sui monti e nelle valli, nei fiori e nei cristalli".

Con queste parole l'uccello spensierato scosse le sue piume, allungò il collo, agitò la coda, socchiuse gli occhi, rise un'ultima volta e poi rimase seduto immobile, seduto fermo sull'erba, ed ecco: l' uccello era diventanto un fiore variopinto, le piume si erano trasforma in foglie, le unghie in radici. Nella gloria dei colori, nella danza e negli splendori, l'uccello si era fatta pianta. Pictor vide questo con meraviglia.

E subito il fiore-uccello cominciò a muovere le sue foglie e i suoi pistilli, già era stanco del suo essere fiore, già non aveva più radici, scuotendosi un po' si innalzò lentamente e fu una splendida farfalla, che si cullò nell'aria, senza peso, tutta di luce soffusa, splendente nel viso. Pictor spalancò gli occhi dalla meraviglia.

Ma la nuova farfalla, l'allegra variopinta farfalla-fiore-uccello, il luminoso volto colorato volò intorno a Pictor stupefatto, luccicò al sole, scese a terra lieve come un fiocco di neve, si sedette vicino ai piedi di Pictor, respirò dolcemente, tremò un poco con le ali splendenti, ed ecco, si trasformò in un cristallo colorato, da cui si irraggiava una luce rossa. Stupendamente brillava tra erba e piante, come rintocco di campana festante, la rossa pietra preziosa. Ma la sua patria, la profondità della terra, sembrava chiamarla; subito incominciò a rimpicciolirsi e minacciò di scomparire.
Allora Pictor, spinto da un anelito incontenibile, si protese verso la pietra che stava svanendo e la tirò a sé.
Estasiato, immerse lo sguardo nella sua luce magica, che sembrava irragiarli, nel cuore il presentimento di una piena beatitudine.

All'improvviso, strisciando sul ramo di un albero disseccato, il serpente gli sibilò nell'orecchio: "la pietra ti trasforma in quello che vuoi. Presto, dille il tuo desiderio, prima che sia troppo tardi!".

Pictor si spaventò e temette di vedere svanire la sua fortuna. Rapido disse la parola e si trasformò in un albero. Giacché più di una volta aveva desiderato essere albero, perchè gli alberi gli apparivano così pieni di pace, di forza e di dignità.

Pictor divenne albero. Penetrò con le radici nella terra, si allungò verso l'alto, foglie e rami germogliarono dalle sue membra. Era molto contento. Con fibre assetate succhiò nelle fresche profondità della terra e con le sue foglie sventolò alto nell'azzurro. Insetti abitavano nella sua scorza, ai suoi piedi abitavano il porcospino e il coniglio, tra i suoi rami gli uccelli.

L'albero Pictor era felice e non contava gli anni che passavano. Passarono molti anni prima che si accorgesse che la sua felicità non era perfetta. Solo lentamente imparò a guardare con occhi d'albero. Finalmente poté vedere, e divenne triste.

Vide infatti che intorno a lui nel paradiso gran parte degli esseri si trasformava assai spesso, che tutto anzi correva in un flusso incantato di perenni trasformazioni. Vide fiori diventare pietre preziose o volarsene via come folgoranti colibrì. Vide accanto a sé più di un albero scomparire all'improvviso: uno si era sciolto in fonte, un altro era diventato coccodrillo, un altro ancora nuotava fresco e contento, con grande godimento, come pesce allegro guizzando, nuovi giochi in nuove forme inventando. Elefanti prendevano la veste di rocce, giraffe la forma di fiori.

Lui invece, l'albero Pictor, rimaneva sempre lo stesso, non poteva più trasformarsi. dal momento in cui capì questo, la sua felicità se ne svanì: cominciò ad invecchiare e assunse sempre più quell'aspetto stanco, serio afflitto, che si può osservare in molti vecchi alberi. Lo si può vedere anche tutti i giorni nei cavall, negli uccelli, negli uomini e in tutti gli essere: quando non possiedono il dono della trasformazione, col tempo sprofondano nella tristezza e nell'abbattimento, e perdono ogni bellezza.

Un bel giorno, una fanciulla dai capelli biondi e dalla veste azzurra si perse in quella parte del paradiso. Cantando e ballando la bionda fanciulla correva tra gli alberi e prima di allora non aveva mai pensato di desiderare il dono della trasformazione. Più di una scimmia sapiente sorrise al suo passaggio, più di un cespuglio l'accarezzò lieve con le sue propaggini, più di un albero fece cadere al suo passaggio un fiore, una noce, una mela, senza che lei vi badasse.

Quando l'albero Pictor scorse la fanciulla, lo prese un grande struggimento, un desiderio di felicità come non gli e ancora mai accaduto. E allo stesso tempo si trovò preso in una profonda meditazione, perchè era come se il suo stesso sangue gli gridasse: "Ritorna in te! Ricordati in questa ora tutta la tua vita, trovane il senso, altrimenti sarà troppo tardi e non ti sarà più data alcuna felicità". Ed egli ubbidì.

Rammemorò la sua origine, i suoi anni di uomo, il suo cammino verso il paradiso, e in modo particolare quell'istante prima che si facesse albero, quell'istante meraviglioso in cui aveva avuto in mano quella pietra fatata. Allora, quando ogni trasformazione gli era aperta, la vita in lui era stata ardente come non mai! Si ricordò dell'uccello che allora aveva riso e dell'albero con la luna e il sole; lo prese il sospetto che allora avesse perso, avesse dimenticato qualcosa, e che il consiglio del serpente non era stato buono.

La fanciulla udì un fruscio tra le foglie dell'albero Pictor, alzò lo sguardo e sentì, con un improvviso dolore al cuore, nuovi pensieri, nuovi desideri, nuovi sogni muoversi dentro di lei. Attratta dalla forza sconosciuta si sedette sotto l'albero. Esso le appariva solitario, solitario e triste, e in questo bello, commovente e nobile nella sua muta tristezza; era incantata dalla canzone che sussurrava lieve la sua chioma. Si appoggiò al suo tronco ruvido, sentì l'albero rabbrividire profondamente, sentì lo stesso brivido nel proprio cuore. Il suo cuore era stranamente dolente, nel cielo della sua anima scorrevano nuvole, dai suoi occhi cadevano pesanti lacrime. Cosa stava succedendo? Perché doveva soffrire così? Perché il suo cuore voleva spaccare il petto e andare a fondersi con lui, con esso, con il bel solitario? L'albero tremò silenzioso fin nelle radici, tanto intensamente raccoglieva in sé ogni forza vitale, proteso verso la fanciulla, in un ardente desiderio di unione. Ohimé, perché si era fatto raggirare dal serpente per essere confinato così, per sempre, solo in un albero! Oh, come era stato cieco, come era stato stolto! Davvero allora sapeva così poco, davvero era stato così lontano dal senso della vita? No, anche allora aveva sentito e presagito, ohimé! E con dolore e profonda comprensione pensò ora all'albero che era fatto uomo e donna!

Venne volando un uccello, rosso e verde era l'uccello, ardito e bello, mentre descriveva nel cielo un anello. La fanciulla lo vide volare, vide cadere dal suo becco qualcosa che brillò rosso come sangue, rosso come brace, e cadde tra le verdi piante, il richiamo squillante della sua rossa luce era tanto intenso, che la fanciulla si chinò e sollevò quel rossore. Ed ecco che era un cristallo, un rubino, ed intorno ad esso non vi può essere oscurità.

Non appena la fanciulla ebbe preso la pietra fatata nella sua mano bianca, immediatamente si avverò il sogno che le aveva riempito il cuore. La bella fu presa, svanì e divenne tutt'uno con l'albero, si affacciò dal suo tronco come un robusto giovane ramo che rapido si innalzò verso di lui.

Ora tutto era a posto, il mondo era in ordine, solo ora era stato trovato il paradiso, Pictor non era più un vecchio albero intrinsito, ora cantava forte Pictoria. Vittoria. Era trasformato. E poiché questa volta aveva raggiunto la vera trasformazione, perchè da una metà era diventato un tutto, da quell'istante poté continuare a trasformarsi, tanto quanto voleva. Incessantemente il flusso fatato del divenire scorreva nelle sue vene, perennemente partecipava della creazione risorgente ad ogni ora.

Divenne capriolo, divenne pesce, divenne uomo e serpente, nuvola e uccello. In ogni forma però era intero, era una "coppia", aveva in sé luna e sole, uomo e donna, scorreva come fiume gemello per terre stava come stella doppia in cielo.

Hermann Hesse

Se stiamo ancora insieme ci sarà un perché ( ?!?! )

Le relazioni affettive e le nuove forme della coppia nella società liquida.
  


Il pensare divide, il sentire unisce  ( Ezra Pound )




 Incontri quindicinali  Presso :
A.D.Y.C.A.   
Via Famagosta, 6  ( zona Prati )
             
               Primo incontro Conoscitivo Gratuito Martedi 9 ottobre ore 18:00 

                                                                              
 Se stiamo ancora insieme ci sarà un perché ( ?!?! )
La vita di coppia rappresenta una parte importante della vita di ogni persona e può influire su di essa a livello emotivo, psicologico e nella relazione che ha con l’ambiente circostante.  

                    
                            Il gruppo ha l’obbiettivo di aiutare i partecipanti a :
 Ricostruire la propria storia di coppia e di relazione.
·         Capire ed eventualmente modificare le proprie modalità relazionali e comunicative.
·         Imparare a riconoscere ed esprimere le proprie emozioni all’interno del Sistema Coppia.
                          
                                        
                                        Il Gruppo si rivolge a coppie , e non,  che :
·         Desiderano attraverso l’esperienza del gruppo mettersi in gioco, confrontarsi e sperimentare nuove modalità di comportamento.
·         Vogliono conoscere e/o ri-conoscere il proprio compagno/a .
·         Vogliono iniziare un percorso che possa portare la coppia a raggiungere una visione diversa, più ampia di sé stessa e dell’ambiente circostante.
·         Intendono dare parola al loro reciproco Dialogo Interiore che può portare la coppia ad un nuovo modo di relazionarsi e di sperimentarsi.


   Strumenti

Laboratori esperenziali e/o gruppi di condivisione.
La metodologia di lavoro è un’integrazione della  Terapia della Gestalt Psicosociale con l’Arteterapia : Fototerapia, collage, pittura, condivisione e rielaborazione.

 



 Setting ed incontri
                
                          Piccolo  gruppo :  Max 12 partecipanti . Numero minimo 6 partecipanti
                                                                      È richiesta la prenotazione
                       
Il laboratorio si terrà a cadenza quindicinale  il  Giovedi (da Ottobre 2012 a Marzo 2013 ) dalle 18:00 alle 21:00
presso ADYCA via Famagosta, 6 ( zona Prati, Metro Ottaviano ).



                                                                  Calendario Incontri :



Ottobre :                        Giovedi 18

Novembre :                   Giovedi 15        e          Giovedi  29

Dicembre :                     Giovedi 13       e           Giovedi 27

Gennaio :                       Giovedi 17       e           Giovedi 31

Febbraio:                        Giovedi 14       e          Giovedi 28

Marzo :                           Giovedi 14











            Primo incontro Conoscitivo Gratuito Martedi 9 ottobre ore 18:00 

Il costo per ogni incontro è di Euro 20,00 + 10,00 ( Una tantum) tessera associativa ADYCA.



Info e Prenotazioni        Tel.   :            347 / 2104183
                    
  Email:                      emanuela.venanzoni@gmail.com  o messaggio privato su fb

Settembre. Dolce, Malinconico e ..... propizio per ri-attivarci !!!!




SETTEMBRE

Chiaro cielo di settembre
Illuminato e paziente
sugli alberi frondosi
sulle tegole rosse
fresca erba
su cui volano farfalle
come pensieri d'amore
nei tuoi occhi
giorno che scorri
senza nostalgie
canoro giorno di settembre
che ti specchi nel mio calmo cuore

                                                                ATTILIO BERTOLUCCI, "Sirio",1929




Settembre è un mese alquanto particolare in quanto da una parte chiude l'estate rimettendoci in moto e facendoci riprendere le attività che abbiamo lasciato in sospeso, mentre dall'altra si affaccia verso di noi con una dolcezza a volte quasi malinconica.
In effetti le giornate si accorciano, le foglie degli alberi iniziano ad ingiallire e qualcuna anche a cadere e per alcune persone questi paesaggi accentuano un senso di inquietudine e di tristezza.
Ci si abbandona a volte alla nostalgia e alla fatica di iniziare di nuovo il proprio lavoro e la routine quotidiana può divenire pesante, ed il rientro alla normalità è meno immediato di quello che ci aspettavamo.
E' un passaggio questo del tutto normale per chi ha potuto e voluto lasciarsi il quotidiano alle spalle per qualche giorno, ricominciare talvolta crea fatica ed un senso di spossamento.
Ma se da un lato si vive un senso quasi di smarrimento dall'altro abbiamo la possibilità di dare sfogo anche alla nostra creatività, alla voglia di fare nuove cose, iniziare a fare progetti o a vedere semplicemente di attivarci per qualcosa che sia buono per noi e ci accompagni durante i mesi invernali.
Settembre può essere il mese ideale per cercare di prendersi cura di sè, che possa essere un nuovo corso di un'attività che ci piace, o cercare di guardarsi dentro e scoprire cosa può essere buono per noi, per farci stare bene e sereni, per iniziare davvero ad ascoltarci e perchè no, per darsi anche dei buoni propositi che fino ad ora si è sempre lasciati fuori dalla porta.
Tutto questo può dare una linfa nuova alla vita e al quotidiano perchè riattivarsi, guardarsi intorno dà energie e uno sguardo diverso a ciò che ci circonda e a quello che stiamo facendo.
Ovviamente questo non è e non vuole essere un mini pronto uso dal rientro ferie, ma una diversa visione di guardare al rientro, tenendo conto che è altresì vero e da tenere in considerazione chi, oltre gli "affari quotidiani" ha anche lasciato in sospeso per troppo tempo il prendersi cura del suo Sè.
E forse l'autunno può essere per queste persone un momento di riflessione, per "sentire" che oltre rimedi letti su tante riviste, esiste anche la possibilità di intraprendere un percorso terapeutico laddove si ha la sensazione che   i sospesi della vita non sono legati ad un mese del calendario ma a fasi alterne che puntualmente si ripropongono.
Anche a chiudere "i sospesi" può servire una terapia e ciò non vuol dire che siamo arrivati all'ultima spiaggia, ma solo che si sta davvero cercando di fare qualcosa di buono per sè stessi, coccolandosi e mettendo in figura ciò che non va, ciò che non ci piace, ciò che forse ad ogni "Settembre" si ripropone e che magari per troppe stagioni lo abbiamo lasciato chiuso in un cassetto sperando che se ne andasse da solo come è arrivato.    
Riattivare il proprio sè non è un passaggio facile, ma può essere utile e costruttivo dato che come ho sottolineato in altri momenti la terapia non è utile solo per chi sta male, ma è un qualcosa che ognuno può fare.
La terapia, ,ma sopratutto la relazione terapeutica può dare nuova forza ed un aiuto a guardarsi in un altro modo, più consapevole ed emotivamente più presente e forse essere lo specchio per iniziare a sentire che iniziare di nuovo a guardarsi, ad ascoltarsi non era poi tanto male !