mercoledì 5 giugno 2013

La favola dei Porcospini






I PORCOSPINI

Una piccola favola di Schopenhauer



"In una fredda giornata d’inverno un gruppo di porcospini si rifugia in una grotta e per proteggersi dal freddo si stringono vicini.
Ben presto però sentono le spine reciproche e il dolore li costringe ad allontanarsi l’uno dall’altro.

Quando poi il bisogno di riscaldarsi li porta di nuovo ad avvicinarsi si pungono di nuovo.

Ripetono più volte questi tentativi, sballottati avanti e indietro tra due mali, finché non trovano quella moderata distanza reciproca che rappresenta la migliore posizione, quella giusta distanza che consente loro di scaldarsi e nello stesso tempo di non farsi del male reciprocamente."




Mi emoziona sempre un pò leggere questa piccola, ma significativa favola che credo possa in sè racchiudere tanti significati.
Uno di questi è come poter creare tra Noi e l'Altro la giusta distanza, anche attraverso il provare e riprovare ciò che fa bene oppure no, in modo da dosare la nostra appartenenza e la nostra differenziazione nello stare in relazione attraverso il sentire l'Altro, lo stare in sintonia, cercando di com-prendere ciò di cui si ha bisogno all'interno di quella determinata relazione.
Ed un pò, anzi per la maggior parte, riusciamo a farlo attraverso l’empatia, a quella capacità di "sentire l’altro", di cui tutti noi, seppure in diversi modi siamo dotati per natura. 
L’empatia è ciò che permette agli uomini di ri-conoscersi reciprocamente attraverso la semplicità di uno sguardo, il mettersi in ascolto per percepire i bisogni dell’altro come altrettanto importanti quanto i propri, entrando in contatto con il suo mondo interiore e le sue emozioni.

L’uomo è per natura un animale sociale; non può non stare in relazione come non può non comunicare, non può vivere senza relazionarsi con gli altri, ma, come suggerisce il racconto di Schopenhauer, il segreto sta nel trovare la giusta distanza che ci permette di percepire le emozioni dell’altro senza identificarci con esse. 

Si pensa molto spesso che il modo migliore per stare vicino a chi amiamo sia provare le stesse emozioni a tal punto da vivere quasi in simbiosi e se l’altro soffre si sentono quasi in dovere di soffrire esattamente come lui. La vera empatia non richiede un simile sacrificio, che spesso è anche controproducente e può comunque non sostenere in maniera appropriata la persona che in quel momento ha bisogno di noi. 

Credo che una delle formule più costruttive di un buon processo empatico, ma anche di una buona base relazionale sia di essere vicini, ma non troppo e riuscire stare dentro, ma anche fuori una relazione, perderci completamente, per poi tornare nei nostri panni e nella nostra individualità senza per questo pensare di far soffrire l'Altro, o che non possa sopportarlo.  

Essere empatici e stare in Ascolto non è semplice, ma è un allenamento costante, che ci spinge a voler stare in relazione ad entrare in contatto, consapevoli del nutrimento affettivo e psicologico che questo cammino comporta.

2 commenti:

  1. grazie Emanuela. RILEGGERE LA FAVOLA MI HA RIPORTATO A MARILENA, LA RACCONTAVA SEMPRE....uN abbraccio, Antonia

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  2. E' vero, anche per questo quando la rileggo provo sempre una profonda emozione .... un abbraccio anche a te ...

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