sabato 15 giugno 2013

Olympe de Gouges

Olympe de Gouges  e la Dichiarazione dei Diritti della Donna e della Cittadina  





Probabilmente ai più la storia di questa giovane donna rivoluzionaria sarà conosciuta e quindi priva di sorpresa e di chissà quale investimento storico, ma quando mi sono imbattuta nella lettura della sua vita e nel libro diventato un simbolo del libero pensiero femminile, ho pensato che poteva essere un ottimo spunto di riflessione ed anche un modo per far conoscere a qualcuno questa figura che poco viene trattata se non come letterata, almeno come figura di donna che visse il suo tempo e che per le sue idee e le sue convinzioni lottò e perse la vita.
Il clima nel quale Olympe ebbe modo di formarsi, fu quello del Settecento francese e dell'Illuminismo dove fino al 1789 era impossibile per le donne non abbienti far parte attiva nella società, fu solo dopo questo significativo e buio evento dove si videro migliaia di donne che presero le armi e parteciparono alla presa della Bastiglia, dove morirono lottando per le strade, finendo sul patibolo e sacrificando la propria vita in nome di un'idea di libertà e di uguaglianza, che iniziarono i dibattiti e si iniziò a creare delle associazioni in difesa dei loro diritti.
Ma anche all’ interno dei circoli più rivoluzionari continuarono ad essere estromesse dal voto, e poi  anche la Convenzione le escluse dai diritti politici e tolse loro il diritto di associazione, e Robespierre proibì le associazioni femminili e persino i loro giornali, segno che, nonostante la loro attiva partecipazione, il segno del patriarcato era evidente ed a tratti ingombrante per la loro libertà di azione e di espressione.
Olympe fu una donna che partecipò attivamente alla sua realtà sociale, fu scrittrice, autrice teatrale oggi completamente dimenticata, ed era sensibile alle ingiustizie di qualsiasi tipologia, sia contro le donne che contro gli uomini (si offrì pure di difendere Luigi XVI quando fu arrestato), si batté anche per la liberazione degli schiavi, per il divorzio e per i diritti degli orfani e delle madri nubili, abbracciando dunque varie realtà sociali ed indigenti.
Olympe de Gouges, il cui vero  nome era Marie Gouze, allevata da Pierre Gouze, in realtà figlia naturale del marchese Lefranc de Pompignan, padrino di sua madre, Presidente del Tribunale  e famoso letterato, era nata il 7 maggio del 1748 nella regione di Montauban; suo padre adottivo era un macellaio, sua madre rivendeva abiti usati.
Si sposò a soli sedici anni per evadere dall’angusto ambito familiare, cosa comune a quel tempo ed ebbe un figlio, ma a 17 anni restò vedova e conobbe  Jacques Biétrix, un ingegnere dei trasporti militari: fu amore a prima vista. Lui la condusse con sé a Parigi e qui lei cambiò il suo nome in Olympe de Gouges.
Era una donna bella, intelligente e corteggiata, frequentò i salotti  più famosi, conobbe i più importanti scrittori e filosofi e cominciò a scrivere (secondo altri a dettare perché analfabeta) saggi, opere teatrali, manifesti, proclami, e nel 1874 compose anche un dramma nel quale si pronunciava, con forti accenti, contro la schiavitù, che andò in scena proprio nell’anno della rivoluzione, nel 1789.

Olympe si rivolse molto presto alla politica; dapprima rivoluzionaria, poi realista, infine repubblicana, convinta che  La donna nasce libera ed ha gli stessi diritti dell’uomo, nel 1791 fondò il "Cercle social", un’associazione che si prefiggeva la parità dei diritti delle donne, e pubblicò la "Dichiarazione dei Diritti della Donna e della Cittadina" (testo che ricalcava la famosa "Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino", che stabiliva i diritti inalienabili e sacri dell’uomo) in cui Olympe, anticipando le rivendicazioni femministe, auspicava una società senza patriarcato.
Nonostante fosse molto attiva, fu altresì consapevole che le conquiste della rivoluzione non avvantaggiavano affatto le donne e che anche con il nuovo regime la loro libertà veniva calpestata, e ricominciò con i suoi infuocati discorsi libertari, attaccando il regime di Robespierre, il quale non esitò a condannarla a morte quando lei prese le difese di Luigi XVI.
Olympe de Gouges fu ghigliottinata il 3 novembre del 1793 per aver dimenticato le virtù che convengono al suo sesso ed essersi immischiata nelle cose della Repubblica.

Uno dei suoi motti fu "La donna ha il diritto di salire sul patibolo, deve avere egualmente il diritto di salire in tribuna!

Volutamente non entrerò in successivi commenti riguardo ciò che nei secoli poteva essere fatto nei confronti delle donne, dei loro diritti e delle loro libertà negate ed a volte usurpate, pubblicherò soltanto la Dichiarazione per intero, che da sola fornisce elementi riflessivi su ciò che può e deve essere ancora fatto e che pone un pensiero sul meraviglioso universo femminile che tutti i giorni in modo eroico, instancabile lotta e va avanti insieme anche a diversi uomini illuminati e consapevoli di quanto siano una sana relazione, cooperazione e valorizzazione che possono dare una chiave di lettura diversa e costruttiva e non false ideologie e pregiudizi che interrompono il Contatto e favoriscono la segregazione reciproca creando una società ferma, timorosa e non incline alla crescita.


DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELLA DONNA E DELLA CITTADINA



Uomo, sei capace d’essere giusto ? E’ una donna che ti pone la domanda ; tu non la priverai almeno di questo diritto. Dimmi? Chi ti ha concesso la suprema autorità di opprimere il mio sesso? La tua forza? Il tuo ingegno? Osserva il creatore nella sua saggezza ; scorri la natura in tutta la sua grandezza, di cui tu sembri volerti raffrontare, e dammi, se hai il coraggio, l’esempio di questo tirannico potere. Risali agli animali, consulta gli elementi, studia i vegetali, getta infine uno sguardo su tutte le modificazioni della materia organizzata; e rendi a te l’evidenza quando te ne offro i mezzi; cerca, indaga e distingui, se puoi, i sessi nell’amministrazione della natura. Dappertutto tu li troverai confusi, dappertutto essi cooperano in un insieme armonioso a questo capolavoro immortale.
 Solo l’uomo s’è affastellato un principio di questa eccezione. Bizzarro, cieco, gonfio di scienza e degenerato, in questo secolo illuminato e di sagacità, nell’ignoranza più stupida, vuole comandare da despota su un sesso che ha ricevuto tutte le facoltà intellettuali; pretende di godere della rivoluzione, e reclama i suoi diritti all’uguaglianza, per non dire niente di più.



Preambolo

Le madri, le figlie, le sorelle, rappresentanti della nazione, chiedono di potersi costituire in Assemblea nazionale. Considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti della donna sono le cause delle disgrazie pubbliche e della corruzione dei governi, hanno deciso di esporre, in una Dichiarazione solenne, i diritti naturali, inalienabili e sacri della donna, affinché questa dichiarazione, costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, ricordi loro senza sosta i loro diritti e i loro doveri, affinché gli atti del potere delle donne e quelli del potere degli uomini, potendo essere paragonati ad ogni istante con gli scopi di ogni istituzione politica, siano più rispettati, affinché le proteste dei cittadini, fondate ormai su principi semplici e incontestabili, si rivolgano sempre al mantenimento della Costituzione, dei buoni costumi, e alla felicità di tutti. In conseguenza, il sesso superiore sia in bellezza che in coraggio, nelle sofferenze della maternità, riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell’essere supremo, i seguenti Diritti della Donna e della Cittadina.

Articolo I

La Donna nasce libera ed ha gli stessi diritti dell’uomo. Le distinzioni sociali possono essere fondate solo sull’utilità comune.

Articolo II

 Lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili della Donna e dell’Uomo: questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e soprattutto la resistenza all’oppressione.

Articolo III

 Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella nazione, che è la riunione della donna e dell’uomo: nessun corpo, nessun individuo può esercitarne l’autorità che non ne sia espressamente derivata.

Articolo IV

 La libertà e la giustizia consistono nel restituire tutto quello che appartiene agli altri; così l’esercizio dei diritti naturali della donna ha come limiti solo la tirannia perpetua che l’uomo le oppone; questi limiti devono essere riformati dalle leggi della natura e della ragione.

Articolo V

 Le leggi della natura e della ragione impediscono ogni azione nociva alla società: tutto ciò che non è proibito da queste leggi, sagge e divine, non può essere impedito, e nessuno può essere obbligato a fare quello che esse non ordinano di fare.

Articolo VI

 La legge deve essere l’espressione della volontà generale; tutte le Cittadine e i Cittadini devono concorrere personalmente, o attraverso i loro rappresentanti, alla sua formazione; esse deve essere la stessa per tutti: Tutte le cittadine e tutti i cittadini, essendo uguali ai suoi occhi, devono essere ugualmente ammissibili ad ogni dignità, posto e impiego pubblici secondo le loro capacità, e senza altre distinzioni che quelle delle loro virtù e dei loro talenti.

Articolo VII

 Nessuna donna è esclusa; essa è accusata, arrestata e detenuta nei casi determinati dalla Legge. Le donne obbediscono come gli uomini a questa legge rigorosa.

Articolo VIII

  La Legge non deve stabilire che pene restrittive ed evidentemente necessarie, e nessuno può essere punito se non grazie a una legge stabilita e promulgata anteriormente al delitto e legalmente applicata alle donne.

Articolo IX

 Tutto il rigore è esercitato dalla legge per ogni donna dichiarata colpevole.

Articolo X

 Nessuno deve essere perseguitato per le sue opinioni, anche fondamentali; la donna ha il diritto di salire sul patibolo, deve avere ugualmente il diritto di salire sulla Tribuna; a condizione che le sue manifestazioni non turbino l’ordine pubblico stabilito dalla legge.

Articolo XI

 La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi della donna, poiché questa libertà assicura la legittimità dei padri verso i figli. Ogni Cittadina può dunque dire liberamente, io sono la madre di un figlio che vi appartiene, senza che un pregiudizio barbaro la obblighi a dissimulare la verità; salvo rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge.

Articolo XII

 La garanzia dei diritti della donna e della cittadina ha bisogno di un particolare sostegno; questa garanzia deve essere istituita a vantaggio di tutti, e non per l’utilità particolare di quelle alle quali è affidata.

Articolo XIII

 Per il mantenimento della forza pubblica, e per le spese dell’amministrazione, i contributi della donna e dell’uomo sono uguali; essa partecipa a tutte le incombenze, a tutti i lavori faticosi; deve dunque avere la sua parte nella distribuzione dei posti, degli impieghi, delle cariche delle dignità e dell’industria.

Articolo XIV 

Le Cittadine e i Cittadini hanno il diritto di costatare personalmente, o attraverso i loro rappresentanti, la necessità dell’imposta pubblica. Le Cittadine non possono aderirvi che a condizione di essere ammesse ad un’uguale divisione, non solo dei beni di fortuna, ma anche nell’amministrazione pubblica, e di determinare la quota, la base imponibile, la riscossione e la durata dell’imposta.

Articolo XV 

La massa delle donne, coalizzata nel pagamento delle imposte con quella degli uomini, ha il diritto di chiedere conto, ad ogni pubblico ufficiale, della sua amministrazione.

Articolo XVI

 Ogni società nella quale la garanzia dei diritti non sia assicurata, né la separazione dei poteri sia determinata, non ha alcuna costituzione; la costituzione è nulla, se la maggioranza degli individui che compongono la Nazione, non ha cooperato alla sua redazione.

Articolo XVII

 Le proprietà appartengono ai due sessi riuniti o separati; esse sono per ciascuno un diritto inviolabile e sacro; nessuno ne può essere privato come vero patrimonio della natura, se non quando la necessità pubblica, legalmente constatata, l’esiga in modo evidente, a condizione di una giusta e preliminare indennità.





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